L'allenamento in quota Stampa

Perché allenarsi in quota
La diminuzione della pressione barometrica (760mmHg a livello del mare, 250 mmHg sul tetto del mondo) genera una situazione sfavorevole allo svolgimento delle discipline di resistenza. La riduzione della pressione mette il nostro organismo in difficoltà e provoca una serie di adattamenti che si concretizzano nello "stimolo ipossico" (la maggior difficoltà a far arrivare la giusta quantità di ossigeno ai muscoli).
L'ossigeno arriva quindi con difficoltà ai muscoli, diminuisce la massima potenza aerobica, si riduce la capacità vitale, aumenta il numero di ventilazioni polmonari, aumento il costo energetico della respirazione e aumenta la disidratazione.

Il nostro corpo reagisce allo stimolo ipossico aumentando i valori di emoglobina. Una volta tornati al livello del mare aumenta la potenza aerobica.
Le seguenti condizioni fanno in modo che ogni quota sia diversa:
- lo spessore della troposfera (la parte di atmosfera più vicina alla Terra, dove si verificano tutti i fenomeni meteorologici)
- le condizioni geografiche (per esempio la presenza di una ricca vegetazione che aiuta gli scambi gassosi)
- la fluttuazione dell'umidità e delle temperature
- la maggiore o minore radiazione solare
- la maggiore o minore ionizzazione dell'aria

Per questo motivo i 2'700 metri di Kericho in Kenia sono meno traumatici dei 2'030 metri del Sestiere. In Europa si considera quota un'altezza pari o maggiore ai 1'800 metri.

Accorgimenti
Il lavoro in quota va affrontato con buoni livelli di condizione psicofisica.
La permanenza in quota deve durare almeno tre settimane (è inoltre preferibile soggiornare a quote superiori ai 2'000 metri ed allenarsi ad una quota non inferiore ai 1'800 metri).
Acclimatarsi alla quota con 3/4 giorni di lavori lunghi ma a blande andature.
Prevenire la disidratazione bevendo molta acqua e mangiando abbondante frutta e verdura.
Al ritorno al piano acclimatarsi con 3/4 giorni di lavori anche lunghi ma a blande andature.